Una donna irakena sulla quarantina, cristiana, nubile, parla un ottimo italiano. Ha l’aria stanca, come stanco è lo sguardo e stanche sono le parole. Vive in una grande città italiana dove dopo parecchie traversie è approdata ad un buon impiego. Si è sempre fidata dei sacerdoti e delle loro indicazioni: nelle chiese orientali il prete estende la sua autorevolezza-autorità ben oltre il recinto parrocchiale. Fu un sacerdote a raccomandarle di studiare in Italia, e poi a insistere perché ci ritornasse data la situazione in patria.
Roberto Fontolan
venerdì 6 aprile 2012
Una passione irakena
Il Sussidiario
Una donna irakena sulla quarantina, cristiana, nubile, parla un ottimo italiano. Ha l’aria stanca, come stanco è lo sguardo e stanche sono le parole. Vive in una grande città italiana dove dopo parecchie traversie è approdata ad un buon impiego. Si è sempre fidata dei sacerdoti e delle loro indicazioni: nelle chiese orientali il prete estende la sua autorevolezza-autorità ben oltre il recinto parrocchiale. Fu un sacerdote a raccomandarle di studiare in Italia, e poi a insistere perché ci ritornasse data la situazione in patria.
Una donna irakena sulla quarantina, cristiana, nubile, parla un ottimo italiano. Ha l’aria stanca, come stanco è lo sguardo e stanche sono le parole. Vive in una grande città italiana dove dopo parecchie traversie è approdata ad un buon impiego. Si è sempre fidata dei sacerdoti e delle loro indicazioni: nelle chiese orientali il prete estende la sua autorevolezza-autorità ben oltre il recinto parrocchiale. Fu un sacerdote a raccomandarle di studiare in Italia, e poi a insistere perché ci ritornasse data la situazione in patria.
venerdì 23 marzo 2012
Caste e non caste
Il Sussidiario
La notizia che tanto si aspettava è finalmente arrivata: la furiosa battaglia attorno all’articolo 18 non riguarda i dipendenti dello Stato. E’ una pessima notizia. Perché se c’è un mondo in Italia dove c’è bisogno di una mossa, di una vibrazione, è proprio quello. Gli altri lavoratori, quelli del privato, vivono già in una terra difficile e piena di scosse: le aziende chiudono, gli stipendi diminuiscono (sono sempre impressionanti i dati sui salari reali), le amministrazioni pubbliche non pagano i creditori, la concorrenza interna e soprattutto esterna è durissima.
giovedì 12 gennaio 2012
L'evasione vitale
Il Sussidiario
I numeri sono veramente tristi. In sei anni, dal 2004 al 2010 le domande per l’adozione internazionale sono calate del 32,6% mentre per quel che riguarda l’adozione nazionale, negli ultimi quattro sono precipitate del 37%. Eravamo secondi nel mondo, dietro soltanto agli Stati Uniti, con una crescita ininterrotta di richieste per oltre trenta anni, ma quest’epoca plumbea ha lasciato il segno anche nelle coppie italiane, tradizionalmente generose e aperte al bisogno.
I numeri sono veramente tristi. In sei anni, dal 2004 al 2010 le domande per l’adozione internazionale sono calate del 32,6% mentre per quel che riguarda l’adozione nazionale, negli ultimi quattro sono precipitate del 37%. Eravamo secondi nel mondo, dietro soltanto agli Stati Uniti, con una crescita ininterrotta di richieste per oltre trenta anni, ma quest’epoca plumbea ha lasciato il segno anche nelle coppie italiane, tradizionalmente generose e aperte al bisogno.
domenica 18 dicembre 2011
Napoli-Tokio
Il Mattino
Tokio. Tutto è cominciato con Reginella: “Quando l’ho ascoltata per la prima volta sono rimasto colpito, stupefatto, è stato un momento emozionante”. Nel 1980 Jun Aoki, nato a Tokio, aveva 28 anni. Da qualche tempo studiava canto in Italia, lirica. Prima si era diplomato all’Accademia musicale della capitale giapponese. Ma in quell’attimo, l’attimo di Reginella, la sua vita prende una svolta. “Qualche giorno dopo trovo in un negozio un disco antologico della canzone napoletana. Decido di studiare chitarra per portare la tradizione napoletana nel mio Paese”. E, attenzione, traduce i testi in giapponese. Spesso li canta a strofe alternate, una partenopea e una nipponica.
Tokio. Tutto è cominciato con Reginella: “Quando l’ho ascoltata per la prima volta sono rimasto colpito, stupefatto, è stato un momento emozionante”. Nel 1980 Jun Aoki, nato a Tokio, aveva 28 anni. Da qualche tempo studiava canto in Italia, lirica. Prima si era diplomato all’Accademia musicale della capitale giapponese. Ma in quell’attimo, l’attimo di Reginella, la sua vita prende una svolta. “Qualche giorno dopo trovo in un negozio un disco antologico della canzone napoletana. Decido di studiare chitarra per portare la tradizione napoletana nel mio Paese”. E, attenzione, traduce i testi in giapponese. Spesso li canta a strofe alternate, una partenopea e una nipponica.
martedì 29 marzo 2011
Arlington
Il Mattino
Una mattinata fredda e ventosa investe il visitatore appena uscito alla luce dal buio della metropolitana. Una strada larga, pressoché deserta, e prati e siepi. Washington si stende alle spalle, superato il ponte sul Potomac. Da questo lato del fiume siamo in Virginia, ancora qualche minuto a piedi e si attraversa l’ingresso. Il cimitero nazionale di Arlington non è in cima alla classifica dei luoghi più frequentati d’America, circa quattro milioni di visitatori ogni anno, ma è impossibile voler capire qualcosa del Grande Paese senza passare di qui. L’idea stessa della patria viene forgiata su questa collina, funerale dopo funerale. Se ne celebrano un centinaio alla settimana, dal lunedi al venerdi: picchetti, marce solenni, il feretro avvolto nella bandiera, il saluto, il dolore composto di chi piange qualcuno che, se compie qui l’ultimo viaggio, riceverà per sempre lo stigma dell’eroe. Il protocollo è rigoroso e varia da un servizio “base” reso sul sito della tomba agli onori militari, i quali a loro volta si classificano da “standard” a “pieni”, con inclusione progressiva di plotone d’accompagnamento, scarica di fucili, banda musicale.
Una mattinata fredda e ventosa investe il visitatore appena uscito alla luce dal buio della metropolitana. Una strada larga, pressoché deserta, e prati e siepi. Washington si stende alle spalle, superato il ponte sul Potomac. Da questo lato del fiume siamo in Virginia, ancora qualche minuto a piedi e si attraversa l’ingresso. Il cimitero nazionale di Arlington non è in cima alla classifica dei luoghi più frequentati d’America, circa quattro milioni di visitatori ogni anno, ma è impossibile voler capire qualcosa del Grande Paese senza passare di qui. L’idea stessa della patria viene forgiata su questa collina, funerale dopo funerale. Se ne celebrano un centinaio alla settimana, dal lunedi al venerdi: picchetti, marce solenni, il feretro avvolto nella bandiera, il saluto, il dolore composto di chi piange qualcuno che, se compie qui l’ultimo viaggio, riceverà per sempre lo stigma dell’eroe. Il protocollo è rigoroso e varia da un servizio “base” reso sul sito della tomba agli onori militari, i quali a loro volta si classificano da “standard” a “pieni”, con inclusione progressiva di plotone d’accompagnamento, scarica di fucili, banda musicale.
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